La mia tesi di laurea

tesi di laurea

La mia tesi di laurea

Ebbene sì ho anche io scritto una tesi di laurea nell’ormai lontano 1999 e mi sono laureata in Architettura presso il Politecnico di Torino.

Mi sono laureata un po’ fuori corso ma non sto qui ad annoiarti raccontandoti i motivi che mi hanno portata a laurearmi così tardi (non è stata pigrizia, te lo assicuro) ma voglio invece raccontarti qualcosa di questa mia tesi perché è stata per me qualcosa di speciale e di cui sono ancora oggi molto orgogliosa!

Un viaggio a Glasgow e la folgorazione

Una vacanza a Glasgow con mia sorella, una visita alla famosa Glasgow School of Art di Charles Rennie Mackintosh, famoso architetto scozzese, e proprio all’interno della biblioteca ho deciso che questo architetto sarebbe diventato l’argomento della mia tesi di laurea.

Non so cosa mi ha spinto a questa scelta, è stata istintiva … un po’ lo conoscevo ma questo viaggio alla scoperta delle sue opere mi ha aperto a una conoscenza così profonda che non ho potuto fare a meno di volerne sapere sempre di più.

Le sue sedie famose

Lo so che per la maggior parte di voi il nome di Charles Rennie Mackintosh non dice nulla ma sono sicura che almeno due delle sue sedie le conoscete: sono veramente famose e una di queste mi ricordo di averle viste in uno di quei programmi televisivi super visti all’ora di pranzo.

Sono belle sì, ma sono nulla rispetto a tutto quella che è la filosofia alla base del suo lavoro.

Prima di tutto devi sapere che Mackintosh non era solo un architetto ma, come molti in quel periodo, era un artista a tutto tondo: progettava edifici, progettava arredi, dipingeva splendidi acquerelli e scriveva saggi molto interessanti.

Il suo approccio alla progettazione è particolare: lui costruisce secondo quella che è stata definita architettura organica, cioè una architettura che nasce dall’ambiente e ne diventa parte indissolubile. Non un edifico posato su terreno qualsiasi, ma un edificio che nasceva per quella zona e solo lì poteva stare.

Ma non solo … come per la Hill House, a mio avviso una delle sue abitazioni più belle e suggestive, Mackintosh viveva per un certo periodo a stretto contatto con il cliente e la sua famiglia, per poterne capire le abitudini ed esigenze e costruire così degli spazi su misura.

Quello che è emerso di questo architetto, ai tempi , è ben sintetizzato nella premessa alla mia tesi di laurea:

Si è voluto iniziare questo lavoro con una illustrazione che raffigura un motto caro a Mackintosh: ‘ There is hope in honest error; none in the icy perfection of the mere stylist‘ cioè ‘ C’è speranza nell’onesto errore; non c’è nella fredda perfezione del puro stilista’.
Con questa frase si vuole semplicemente giustificare ‘onesti errori’ che possono essere stati fatti nell’interpretare l’opera di questo grande architetto che quasi non ci ha lasciato documenti o prove che possono spiegare certe sue scelte professionali, tuttora oggetto di interpretazione.
[…] Certa risulta la sua profonda conoscenza dell’architettura scozzese e la sua personale interpretazione in chiave moderna – interpretazione che lo ha reso, secondo alcuni critici, uno dei pionieri dell’architettura moderna. La sua modernità non è però fatta di nuove tecnologie, di nuove tipologie costruttive e progettuali, bensì è data dalla giusta proporzione, dall’uso delle forme consolidate, dalla convinzione che la forma segue la funzione, che i materiali devono essere usati in modo appropriato e senza sfalsarne le proprietà naturali e, soprattutto, bisogna costruire la decorazione, non decorare la costruzione. Un’architettura semplice, priva di inganni, di falsità, vera e autoctona, forse a volte troppo moderna e quindi poco accettata dalla critica e dalla gente comune, ancor troppo abituata ai revival stilistici contro i quali Mackintosh cerca di combattere proprio con il suo modo personale di fare architettura.
l’analisi che è stata fatta delle case d’abitazione, dove tutto quanto abbiamo appena detto è espresso in modo evidente, ha cercato di porre in evidenza alcuni aspetti particolari del suo modo di progettare. A sua volta questo suo modo di progettare ci ha portato a confrontarlo con un suo collega d’oltre oceano, Frank Lloyd Wright.
Pur non essendosi mai conosciuti personalmente, questi due architetti presentano, in modo sorprendete, granfi affinità, non tanto nel risultato finale perché ovviamente il loro lavoro si basa su matrici culturali diverse tra loro, ma nel loro modo di pensare l’architettura come la Madre di tutte le arti; nel credere nella necessità di una architettura autoctona, nazionale, che si adatta perfettamente al luogo in cui sorge, che non è di nessun altro luogo; nel negare l’ornamentazione fine a se stessa e nel cercare invece di renderla, dove necessaria, parte stessa della struttura – una costruzione decorata e non una decorazione costruita; nel profondo interesse per tutte le forme naturali; nella comune ispirazione avuta dalla cultura e dall’arte giapponese – solo per citare alcuni degli aspetti più evidenti.
Per concludere, possiamo dire che questo lavoro diventa, grazie anche al regesto dettagliato, un modo per fare il punto della situazione sullo stato attuale degli edifici di Charles Rennie Mckintosh. Quando viene pubblicato per la prima volta il testo di T. Howarth nel 1952 … di molti dei suoi edifici si è persa la traccia o addirittura (e mi riferisco agli edifici minori) non se ne conosce l’esistenza Anzi sarà proprio grazie all’impegno di Howarth e di altri suoi amici scozzesi che pian piano l’architettura di questo loro artista viene scoperta e rivalutata. Già nel 1968 con il testo di MacLeod si ha un aggiornamento della situazione, ma la parte più importante è svolta dalla Charles Rennie Mackintosh Society che, nata nel 1977, cerca di recuperare molti degli edifici e delle opere di Mackintosh che rischiano altrimenti di scomparire.

E devo dire che in tutti questi anni di scoperte e ritrovamenti ne sono stati fatte tante. Edifici dimenticati sono venuti alla luce, progetti mai realizzati sono stati costruiti e tutto questo grazie alla Charles Rennie Mackintosh Society,

E purtroppo uno di questi edifici, la Glasgow School of Art, che ha dato il via a questa mia tesi non c’è più. Nel 2014 subisce un incendio ma i danni non sono gravi e si procede al restauro. Nel 2018 invece un altro incendio più devastante la distrugge completamente e della scuola di Mackintosh non rimane praticamente più nulla. Non so se verrà ricostruita ma ancora oggi è presente nella sua bellezza e modernità nel mio cuore.

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