Maria Rosa Cirimbelli: intervista a colori

Maria Rosa Cirimbelli

Maria Rosa Cirimbelli: intervista a colori

Maria Rosa Cirimbelli fa parte del Team PAROLE E CULTURA dove si parla di libri da leggere e di eventi culturali da seguire per restare sempre aggiornati.

Ma Maria Rosa è molto più di questo

 

Iniziamo quindi chiedendole di raccontarci qualcosa di lei

 

Nasco a Milano nel 1960 e dal 1997 sono una libera professionista. La mia vita professionale è stata costellata da momenti buoni e altri meno, e quello che mi sorprende oggi è essere ancora felice di fare ciò che faccio. Mi occupo di comunicazione per le imprese e, dopo tanti anni di onorato servizio, posso dire di essere una consulente che sa orientare e guidare qualsiasi azienda in questa attività fondamentale.

Ho chiamato la mia attività Geode Comunicazione, perché mi intrigano i “belli dentro”, quelle realtà che, come il geode, viste da fuori sono sassi grezzi e duri, la cui vitalità e bellezza sta tutta all’interno. Ed è lì che mi piace indagare per fare emergere i valori, le esperienze, le qualità dei prodotti e delle persone.

Da sempre mi piacciono le storie, quelle belle, appassionate, che ti aprono gli occhi, la mente e il cuore. Storie da ascoltare, da scrivere e da condividere. Anche quelle impossibili, fatte di apparente normalità. Storie in bianco e nero o a colori. Storie da far vivere per non dimenticare. Comunicare per me è emozione, oltre che competenza. Emozione che provo ogni volta che apro un geode e un mondo pieno di colori prende luce.

Amo camminare in montagna con mio marito, il nostro cane e con i nostri amici; ma amo anche il mare, in tutte le sue varianti, tranne quelle da ombrelloni tutti in fila. Amo il confronto e al tempo stesso lo temo, come temo il giudizio degli altri. Non amo le banalità e le distrazioni affettive, mie e delle persone a cui voglio bene. Amo andare a teatro e leggere, ma preferisco il Kindle che trovo comodissimo. Amo viaggiare ma soprattutto amo farlo in compagnia. E mi diletto in filastrocche, a volte sagge a volte sciocche e amo anche la pioggia, che con il suo grigio e il suo dolce rumore, mi porta là dove batte il mio cuore.

 

 

 

 

Sei in un blog sulla carta quindi non posso non chiederti qual è il tuo rapporto con questo materiale?

 

La fascinazione verso la carta ce l’ho da quando ero bambina: amavo raccoglierla, ritagliarla, fare teatrini con le scatole da scarpe, fare collage, diari. Ma oltre al lato romantico della carta, quello di cui voglio parlarti è di un aspetto molto tecnico e lavorativo.

Oltre 40 anni fa, quasi all’inizio della mia carriera lavorativa, ho fatto un’esperienza molto significativa nell’ufficio acquisti/produzione di una grande casa editrice. Erano gli anni ’80, non esisteva il pc e si stampava tutto. Le edicole straripavano di quotidiani, riviste, fumetti, opere a fascicoli. Io, in ufficio acquisti, mi occupavo proprio della produzione, stampa e ristampa di queste ultime. Della carta se ne conosceva la grammatura, si contava, si misurava, si sceglieva, si ordinava. Si parlava di rotative, di piane, di metodi di stampa, di rilegatura, quadricromia e di inchiostri. Si diffidava della carta con troppo legno, ottima per i quotidiani, ma non abbastanza buona per altri prodotti. Lì imparai a distinguere le trame e le tipologie: patinata, lucida, opaca, uso mano. Si parlava di offset, di resa, di ottimizzazione del foglio macchina, di recupero degli scarti. Lì appresi quanto la carta fosse fondamentale per la buona riuscita di ogni prodotto da stampare. E così, quando alcuni anni dopo cominciai come libera professionista, ad occuparmi di comunicazione d’impresa quell’esperienza mi servì moltissimo per parlare a grafici, stampatori e per dare alle brochure, ai cataloghi, agli inviti e alle centinaia di materiali creati per i miei clienti la resa migliore, sia qualitativamente sia economicamente. Oggi che si stampa, a ragione, sempre meno si è persa molto la cultura della carta. Lo vedo anche nel lavoro: sono diminuiti gli stampatori, i nuovi grafici non conoscono le caratteristiche della carta e quindi non sanno scegliere il supporto più adatto ai loro lavori. Eppure, quanto ci piace toccare una lettera scritta a mano? Quanto amiamo scrivere i bigliettini di Natale magari su carte pregiate? Quanto è importante quel rapporto tattile con un materiale così diffuso? Da molti anni posseggo dei vangeli del 1700, libroni enormi fatti di carta di stracci: la migliore che si possa produrre anche oggi, quella che predilige chi fa acquerelli, per intenderci. Li sfoglio ogni tanto, cautamente perché i bordi sono erosi dall’umido e dai topi della soffitta dove giacevano prima del mio ritrovamento, e tutto mi piace: il rumore di quei fogli pesanti, il midollo di cucitura e la pergamena delle spesse copertine; e le parole stampate che sembra di sentirle sotto le dita. Tra quei libroni però è il libro cassa di una chiesina di montagna interamente scritto a mano quello che prediligo. Va dal 1746 al 1860… cento anni di vita, di scritture diverse, di inchiostro, di conti e ovviamente di carta, spessa, morbida, generosa nel restituire alle mie dita quelle dita che oltre tre secoli fa l’hanno abitata. E ogni tanto mi chiedo: cosa toccheranno tra cento anni i figli dei nostri figli?

 

 

 

 

Nel progetto di quest’anno per Sognosoloacolori ti sei occupata del colore Grigio. Che rapporto hai con questo colore?

 

Quando Michela mi propose di scrivere un articolo scegliendo un colore, visto che ero appena arrivata nel gruppo, decisi di adottare il colore che sicuramente nessuno avrebbe scelto: il grigio appunto. Sapevo che il bistrattato grigio mi avrebbe dato tante soddisfazioni, perché in fondo a me piacciono proprio le storie che non ti aspetti. Così ho cominciato a chiedermi cosa fosse per me il grigio, che posto avesse occupato nella mia vita, scoprendo che di grigio non si muore, anzi. Parlandone a più riprese ho scoperto quanto questo colore fosse da riscattare e non solo come contraltare ad altri più prepotenti colori, ma proprio per la sua identità specifica. Questo è il colore della pace dei sensi, lo so che suona brutto detto così, ma senza toccare aspetti psicologici, che non mi competono, credo di aver appreso quanto un po’ di grigio sia in fondo terapeutico. Sono una persona solare, amo stare con la mia famiglia e con gli amici, e il grigio era abbinato anche al valore della condivisione. Lavorando su questo colore ho potuto esprimere concetti che conoscevo ma sui quali non mi ero mai soffermata. Allo stesso modo ho rivalutato il nome che avevo dato alla mia attività: Geode Comunicazione. Il geode è proprio grigio esternamente ma custodisce tesori coloratissimi. Grazie al mio lavoro ho aperto tanti geode e scoperto miriadi di colori che sotto al grigio, riparati e a volte sopiti, attendevano di essere portati alla luce del sole.

 

 

 

 

 

Ogni colore è stato abbinato a un aspetto della gentilezza. Per il colore GRIGIO è la Riparazione. Tu sei una persona che ‘ripara’, che considera la Riparazione importante per la sua vita o preferisci altre strade per sviluppare la gentilezza?

 

Per natura non sono litigiosa né tanto meno rancorosa. Riparare è per me azione fondamentale, intesa come recupero di relazioni. Ricordo che, quando i miei figli erano piccoli, avevo letto da qualche parte che non bisognava sgridarli a lungo, perché alla fine i bambini non ricordano il motivo del rimprovero. Così, passato il nervoso, mi fermavo e chiedevo loro se sapessero perché li stessi sgridando. No, mi rispondevano dandosi di gomito l’uno con l’altra. Quindi mi fermavo e spiegando il motivo mi rendevo conto che mi riavvicinavo, non solo a loro, ma anche a me. Quell’insegnamento, come molti altri, mi aiutano ancora oggi a riparare e a riavvicinarmi alle persone. A vivere la riparazione non come compromesso svilente del mio orgoglio, ma come terra di confronto e di riscoperta. Riparazione come gesto di ricongiungimento e di intelligenza emotiva. Riparazione della mia rabbia prima di tutto: a cosa mi serve questo livore? Dove mi porta? Ma soprattutto a cosa è funzionale? Partire da me per riparare è fondamentale. E il grigio è proprio il luogo in cui riflettere, in cui stare ogni tanto per non distrarci dai mille rumori che anche i sentimenti producono.

 

 

Ti ringrazio Maria Rosa per questa intervista e concludo con una domanda che per me è ormai un rito conclusivo alle mie interviste. Che progetti hai per il futuro? Sia personali che nel Team di Sognosoloacolori ovviamente!

 

Come ti dicevo il mio progetto più grande sarebbe quello di sprofondare nel grigio riparatore della pensione, ma purtroppo tocca ancora lavorare e quindi lo farò con l’energia e l’entusiasmo che mi ha sempre accompagnata. Entusiasmo che metterò anche in Sognosoloacolori, ovviamente!

 

Se vuoi conoscere dipiù Maria Rosa Cirimbelli e il suo lavoro la trovi qui:

https://www.geodecom.it

https://www.linkedin.com/in/maria-rosa-cirimbelli-66938ab/

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