Poesie di carta: intervista a Emanuele Tarchini

Emanuele Tarchini

Poesie di carta: intervista a Emanuele Tarchini

Ho conosciuto virtualmente Emanuele Tarchini e le sue poesie di carta per caso, grazie a una segnalazione di un membro di Storie di carta e dintorni, il gruppo Facebook che gestisco con Tania Mihatovic di Collacartaeforbici.

E’ stato amore a prima vista e subito, dopo essermi complimentata con lui per i suoi capolavori, gli ho chiesto se aveva piacere di rispondere ad alcune domande su di lui e sul suo lavoro perché ero curiosa di conoscerlo meglio ma soprattutto di condividere con te la sua storia di carta.

 

 

 

 

 

Leggendo la biografia sul tuo sito sono rimasta colpita nel leggere di un forte legame con la danza, che in qualche modo questa influenza il tuo lavoro. Ce ne vuoi parlare?

 

La danza ha fatto e fa parte della mia vita da sempre essendo un ex ballerino professionista; la mia creatività e il mio modo di essere mi hanno dato poi la possibilità di diventare anche coreografo, scenografo e costumista perché amo imparare e approfondire la mia conoscenza in tutto e in modo completo, a 360°.

La danza è fatta di conoscenza fisica e mentale e questo ti porta ad amplificare i sensi e ti fa guardare il mondo in un modo completamente diverso.

Perché diverso? Perché quando si entra in un teatro il mondo rimane fuori e ciò che la gente vede è proprio una percezione diversa, le luci, il buio, la musica, le parole, i mondi diversi, vedere qualcosa di fantastico che possiamo solo sognare.

Ecco perché in mancanza della danza, ho trovato una alternativa … dovevo colmare quel vuoto, quell’essere in movimento, l’energia, e l’emozione pura. Quello che voglio dire è che nelle mie sculture vi è racchiusa la mai anima, i fogli di carta bianca possono essere ciò che voglio esprimere, quello che sento ed essere il mio teatro.

Tutto questo insieme naturalmente alla storia del cliente che mi commissiona un opera: in fondo un ballerino balla un lago dei cigni sapendo di non essere lui ad averlo creato, ma in quel momento sei quello che interpreti lo fai tuo usando tutte le emozioni, ed è allora che riscrivi ed interpreti la tua vita.

 

 

Perché hai scelto proprio la carta tra i vari materiali per esprimere la tua creatività?

 

La carta è stata una sorpresa! Con tutto quello che ho sempre creato con diversi materiali mi sono reso conto che la carta è quella cosa che usi sempre per le solite cose –  e per come sono fatto io non amo usare le cose per quello che servono, ah ah ah!

Ero partito all’inizio con dei libri. Perché dal libro?

Perché un giorno stavo cercando un’idea per un regalo a mia moglie, non volevo comprare il solito regalo, volevo qualcosa fatto da me e allora guardandomi in giro per casa ho preso un libro, e ho iniziato a tagliarlo. Naturalmente ho buttato via tutto (inizialmente l’idea era di scavarlo per farne un porta gioie).

Ma poi ne ho aperto un altro, e ho iniziato a strutturare il perché, il pensiero che volevo realizzare e ho creato un albero che fuoriusciva dal libro con tutte le radici a vista che foravano le pagine e ho intagliato delle lettere da delle pagine, e formato la scritta ‘C’è sempre amore!’.

Questo perché nella base di una vita di coppia ci deve essere sempre Amore, e ho messo la scritta sulle radici…

Ed è da qui che mia moglie mi ha spronato a creare ancora e oggi ringrazio sempre mia moglie per avermi aiutato in questo nuovo sogno! È per questo che ho deciso di chiamare il mio lavoro Lele Dilli Paper Art, proprio dai nostri nomi, Emanuele e Diletta, anche se lei all’inizio non voleva che mettessi il suo nome visto che lei non taglia carta (questo lo specifico sempre perché in molti pensano che siano due persone ad intagliare la carta).

La carta bianca è arrivata in seguito. Come ogni processo creativo vi è un’evoluzione nella tecnica, ma soprattutto nel pensiero, che è quello che più conta per me.

La carta colorata, come anche i vari cartoncini, la trovo stupenda, ma per me sarebbe riduttiva, nel senso che se volessi fare un viso, per esempio, sarebbe molto più facile usare carta rosa, aggiungere del marrone per le sopracciglia e capelli e la forma uscirebbe subito. Con il bianco è più difficile secondo me e, per una sorta di masochismo che non comprendo, adoro usarla e portarla all’estremo, forse perché la usano in molti e a me non piace essere nel calderone.

Ma soprattutto trovo che il bianco si sposi meglio con la parola delicatezza, non intesa come fragilità ma come intenzione pura.

 

 

 

 

 

 

Le tue opere sembrano delle sculture vere e proprie. Cosa ti ispira?

 

Cosa mi ispira? Per come sono io e per chi mi conosce sa che è il tutto, ogni cosa che vedo, sento, provo, è fonte di ispirazione. Noto che in base a cosa provo in quel momento il mio lavoro prende strade diverse, che io sia felice o triste il risultato cambia, ma mai il senso stesso dell’opera, specialmente se è stata commissionata.

Poi se so di avere del tempo per creare cose mie, allora parto da concetti miei che vorrei vedere realizzati, come uno scrittore con il proprio libro. Devo immortalare un mio pensiero in una mia scultura. E qui apro una piccola parentesi: all’interno di ogni scultura vi è uno scritto, una poesia scritta da me, per rappresentare al meglio l’opera stessa. Tutto è collocato in una busta con un sigillo con le mie iniziali la mia firma e la data di quando l’opera e stata ultimata e la certificazione di essere un’opera unica e non ripetibile, sì perché non mi ripeto mai.

Voglio che ogni persona che custodisce una mia scultura abbia la sua unicità.

Un’altra cosa che vi voglio dire e che in molti mi chiedono: se c’è differenza tra le opere che creo io e quelle commissionate … nessuna!

Le persone arrivano da me non sapendo quale sia il mio processo di creazione, mi piace offrire un caffè e metterli a proprio agio: questo perché le persone affidano a me le loro storie e, involontariamente in base alle domande che faccio, vado a toccare delle corde emotive e, a volte, si liberano di qualcosa sfociando in pianti liberatori. Ho un quaderno dove disegno seduta stante quei pensieri che mi vengono donati e li trasformo in magiche opere visive. Il cliente non sa mai come sarà o per lo meno vede una bozza ma non capirà mai il risultato finale mentre io, nella mia testa, so già come diventerà.

Ecco perché il mio payoff … Immagina Pensa Crealo!

È il mio processo creativo: immagino quell’aneddoto, quel momento nella testa, lo trasporto nei miei fogli bianchi vedendo già la luce e l’ombra. Poi penso alla questione tecnica, la fase del disegno dei dettagli e infine metto insieme le la testa e la tecnica e poi mi butto nella creazione.

 

 

 

 

 

Quali strumenti usi per tagliare con cosi minuziosa precisione la carta? E che tipo di carta usi, sia a livello di grammatura che di consistenza?

 

Gli attrezzi che uso sono forbici di ogni genere e grandezza, ma di una sono gelosamente affezionato ed è una piccola forbice in titanio. La uso soprattutto per i capelli o per fare i peli. Naturalmente per fare i capelli lunghi uso il mio amato bisturi lama 10, che è praticamente quello che uso per poi tagliare tutti i contorni delle sagome che disegno. L’impugnatura del bisturi è piatta non rotonda, io metto dello scotch di carta dove impugno così mi trovo comodo e sento meglio la pressione che dò, mi trovo decisamente meglio rispetto a quelli rotondi gommati e non, ma che tendono a scapparmi dalle mani.

Disegno sempre al contrario nel senso che, una volta ultimato il taglio della sagoma, capovolgo il tutto in modo che non si veda la matita. Questo perché cercando di cancellare la matita si rischia di rompere il pezzo.

Finita la parte della sagoma iniziale, creo quello che sono i vari livelli, pantaloni, gonne, capelli ecc. con lo stesso procedimento, ma sempre disegnandoli un poco più grandi nel senso che, se il braccio è grande mezzo centimetro, la manica la farò di qualche millimetro in più. Questo per sovrapporre e coprire il braccio, calcolando anche che la manica creata verrà curvata e facendo così si riduce di spessore.

Per curvare la carta grande o piccola che sia, uso un po’ di tutto: l’osso o piega carta, gli utensili per lavorare l’argilla che hanno delle sfere di acciaio di varie forme da quelle micron a quelle larghe 3 cm, ideali per bombare se usati sul tappetino da taglio. Sulla carta fanno solchi, ma se usati con un tappetino di spugna alto 4 mm creano una bella rotondità.

Trovo utilissimi anche dei semplici legnetti levigati e ne ho creati alcuni io, proprio per varie esigenze tecniche.

Parlando ancora di bisturi ne ho di vari generi compresi quelli giroscopici che trovo spaziali per creare le nuvole. La lama curva in base al movimento che si dà. Il bello è che disegni direttamente sulla carta ma invece di disegnare tagli. Esiste la versione penna o quella a dito dove sembra quasi di impugnare il gessetto che si usa per scrivere alla lavagna.

Come colla uso una colla vinilica normalissima, l’importante non sia di quelle che una volta asciutta non diventi lucida. Per far sì che attacchi subito di solito ne metto una quantità su un piattino e la lascio all’aria, facendo così tende poi ad attaccare subito.

La carta che uso è bianca. All’inizio usavo la Fabriano e pensando alla qualità della carta, in effetti, è un’ottima carta, ma ho notato nelle mie prime sculture un ingiallimento precoce dato dalla luce o dall’ambiente in cui si trova. Ho scoperto che la carta che si comporta così è ricca di acidi, usati per sbiancare la carta stessa, ma che a contatto con l’aria e la luce la altera.

Questo non è necessariamente un male per le mie sculture, diciamo che sembrano più vecchie di quello che sono in realtà.

Nelle varie ricerche ho trovato dei fogli 70×100 da un grossista nella mia zona che non alterano nel tempo, o per lo meno ci vogliono anni per arrivare ad un minimo di ingiallimento, essendo prive di acidi. Come carta la porosità è buona, quando taglio non si sfalda, il che è una buona cosa per il mio lavoro visto che finché si tagliano pezzi grandi la carta bene o male regge ma nel caso delle mie miniature, per esempio, le dita di una mano risulterebbero simili a un pelo.

La grammatura varia dai 200 ai 220 grammi, non di più per il fatto che risulta difficile poi tagliare con il bisturi le forme piccole e curve. A volte uso anche la 80 grammi classica per i fondali per dare più trasparenza alla luce che filtra. Quando invece voglio rendere una parte di una sagoma più ombreggiata, metto un doppio strato: questo crea i famosi giochi di ombre nelle mie sculture una volta accese.

 

 

 

 

 

 

Chi è la tua clientela? Che tipo di persona commissiona una delle tue opere d’arte? E per quale occasione?

 

Per quanto riguarda la mia clientela, non è di nicchia, nel senso che spazia in base alle esigenze: c’è chi si fa un regalo, per il gusto di avere un’opera che parli di sé, che esprima le sue emozioni e che ogni volta che torna a casa possa rivedersi. Noto che tutti i clienti che si sono fatti questo regalo usano le mie sculture per immortalare un momento forte, quasi una svolta nella loro vita.

Di molti clienti che acquistano per sé stessi, ho notato che tornano per fare un regalo a una persona cara.

Compleanni, matrimoni, Natale, ricorrenze, qualsiasi motivo sia, anche delle perdite di persone, o perdite sentimentali, di tutte queste persone e di tutti i loro motivi mi sono reso conto che, in un modo o nell’altro, mi trovo sempre in ogni storia.

 

Le emozioni nel mio lavoro non mancano e forse è anche per questo che amo ciò che faccio, non creo solo sculture, penso di dare sempre qualcosa.

Se mi chiedi cosa, penso l’anima perché senza l’anima, senza l’amore non si può sognare …

 

 

 

 

Se il racconto di Emanuele ti ha incuriosito e vuoi approfondire la sua conoscenza e magari, perché no, commissionargli una delle sue opere, lo trovi qui:

Sito: https://leledillipaperart.com/

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