Storia della carta

Storia della carta

Oggi scrivo un post un po’ diverso dal solito ma credo interessante per chi, come me, ama la carta.

Complice il mio viaggio a Basilea e la visita al Museo della carta ho scritto questo post perché sono certa che in pochi conoscono veramente le origini e lo sviluppo di questo materiale. Una idea sì ce l’abbiamo tutti ma alcuni dettagli ci sfuggono sicuramente e quindi …

 

 

ti invito in questo viaggio indietro nel tempo alla scoperta della carta

 

 

Materiali molto simili alla carta esistevano già molto prima della sua invenzione ed erano composti da fibre naturali o vegetali.

 

Parliamo del papiro che è sicuramente uno dei precursori più antichi della carta. Antiche raffigurazioni egiziane mostrano la lavorazione delle piante del papiro coltivate sul Nilo già nel quarto millennio a. C.

 

Gli steli di queste piante, simili a una canna, venivano pelati e tagliati in strisce strette. Disposti trasversalmente in due strati, formavano un foglio simile alla carta, una volta essiccato. Le strisce, larghe circa 30 cm, venivano scritte e poi conservate arrotolate e potevano raggiungere la lunghezza di 46 m.

 

 

Dopo il papiro, la pergamena è senz’altro il materiale più importante dell’antichità. Si tratta di pelle secca, solitamente di vitelli, capre o pecore. A volte veniva usata anche una pergamena fatta con una pelle fine degli animali non ancora nati e che veniva perciò chiamata ‘pergamena vergine’.

 

La parola pergamena deriva dal nome della antica città di Pergamo. Secondo un rapporto di Plinio il vecchio, il re Eumene II (221-158 a.C.) aveva costruito una biblioteca che minacciava di competere con la famosa Biblioteca di Alessandria. Per questo motivo il re di Alessandria mise al bando l’esportazione di papiri per impedire ad Eumene II di superarlo. Eumene II aggirò il problema utilizzando proprio la pergamena (già nota ma poco diffusa) facendo scrivere le copie dei documenti della biblioteca di Pergamo sulla pelle degli animali.

 

Pian piano la pergamena andò così a sostituire il papiro in quanto a differenza di quest’ultimo, sulla pergamena si poteva scrivere su entrambi i lati.

 

 

Ts’ai Lun e l’invenzione della carta

 

Le fonti storiche attribuiscono invece l’invenzione della carta ai Cinesi. Si dice che Ts’ai Lun, un dignitario della corte imperiale cinese iniziò nel 105 d.C. a produrre i primi fogli di carta utilizzando vestiti di scarto, corteccia d’albero, pezzi di canapa e reti da pesca rotte.

 

I Cinesi custodirono gelosamente il loro segreto sulla produzione della carta per molti secoli fino a quando, grazie ai monaci buddisti, questa si diffuse prima in Corea e poi in Giappone.

 

La casa imperiale giapponese, infatti, particolarmente interessata alla nuova religione buddista, inviò una delegazione in Cina per ottenere copie dei sutra buddisti e fu così che questa invenzione raggiunse il Giappone grazie al monaco buddista Dam Jing. I giapponesi appresero subito le tecniche di fabbricazione della carta e iniziarono a utilizzare per la sua fabbricazione un materiale diverso, la corteccia del gelso.

 

Man mano che la carta raggiunge più parti dell’Asia emergono tecniche locali e uso di materie prime diverse.

 

L’albero del gelso (broussonetia papyrifera) divenne la fonte vegetale principale di tutta l’Asia, oltre a un altro tipo di gelso chiamato Kozo (broussonetia Kazinoki). In Tibet invece veniva usata una carta ricavata dalle radici del fiore di carta (stellera chamaejasme). La realizzazione della carta a base di fibra di bambù è invece documentata in Cina nel 960-1278 nel periodo della dinastia Song, contemporaneamente all’uso della paglia di riso che permette di realizzare una carta di qualità floreale in termini di colore e sensazione.

 

 

 

 

Nel 751 d.C. anche il mondo arabo scopre i segreti della lavorazione della carta, presumibilmente grazie a dei prigionieri di guerra cinesi. Furono però necessarie delle modifiche alla tecnica di produzione della carta in quanto i deserti dell’Arabia non fornivano né l’acqua necessaria né piante adatte per produrre la fibra. Grazie però all’ampia disponibilità di canapa e lino si sviluppò una tecnica che prevedeva l’uso di stracci.
Gli stracci venivano sfilacciati e fatti macerare in acqua fino ad ottenere un impasto omogeneo. Si immergeva poi un setaccio che tratteneva le fibre macerate lasciando filtrare l’acqua. I fogli ottenuti venivano pressati, asciugati e ricoperti con un velo di amido di riso per renderli più idonei a trattenere l’inchiostro.

 

La diffusione in Occidente

 

L’ulteriore diffusione della carta verso l’Occidente è strettamente connessa con l’espansione dell’Islam. Nel X secolo furono costruite le prime cartiere a Il Cairo, in Marocco nel 1100 circa per arrivare nel 1144 a Valencia in quella che era la Spagna moresca.

Le prime crociate, così come la riconquista della Sicilia e della Spagna moresca nell’XI secolo, portarono gli Europei in contatto con la fiorente cultura araba, un contatto che produsse anche cambiamenti duraturi nell’Europa cristiana. Gli Europei ammirati copiarono la scienza medica degli Arabi e imitarono gli archi moreschi a punta nella loro architettura gotica. Altre influenze si trovano nella letteratura, nella musica e nel nuovo materiale, adatto per la scrittura dei romanzi, e che fu subito ben visto dagli Europei, la carta.

 

Ma trapiantare la fabbricazione della carta in Europa non fu così facile; il clima era troppo umido. Una migliore pressatura della carta bagnata fu una modifica essenziale. Il feltro doveva essere inserito tra gli strati di carta per evitare che si attaccassero insieme per la forte pressione e l’acqua che ne fuoriusciva doveva essere drenata. Per trasferire nuovamente la carta dallo stampo in feltro, lo stampo doveva essere un telaio rigido e non flessibile come quello usato dagli Arabi.

 

Nuove soluzioni furono necessarie anche per altre fasi della produzione. Il tipico strato di amido della carta araba, applicato con un pennello, rappresentava un problema per gli Europei in quanto il riso non era disponibile come fonte di amido, il grano era troppo prezioso e la patata era ancora sconosciuta. Gli Europei scelgono allora una gelatina ottenuta dalle parti di scarto degli animali macellati come valido sostituto. Trattarono quindi le loro carte con una collatura contenente gelatina per evitare che l’inchiostro colasse via dal foglio.

 

A differenza degli Arabi, gli Europei avevano a disposizione l’acqua. Svilupparono così un macchinario azionato da una ruota del mulino e che permetteva di ottenere una qualità della carta molto più uniforme. Le prime cartiere che usavano questa tecnologia nascono in Italia, probabilmente a Fabriano. Ma i tentativi di sviluppare la tecnica europea si possono trovare anche ad Amalfi e Genova. Il nuovo commercio si diffonde rapidamente, prima in Italia e, dal 1348, anche in Francia. A nord delle Alpi troviamo Norimberga (1390), Chemnitz (1398) Ravensburg (1402) Strasburgo (1408) Belfaux vicino a Friburgo (1432) e Basilea (1433) solo per citarne alcune.

 

Tuttavia la carta non conquistò solo le sale di scrittura e le tipografie ma fu anche impiegata come materiale da imballaggio e nel XV secolo fu usata sotto forma di cartapesta. Nel XVI secolo fu invece stampata con decorazioni per essere usata come carta da parati.

 

I segni fatti dallo stampo, visibili quando messi in controluce, erano una caratteristica delle carte fatte a mano. Fino al XIX secolo gli stampi erano realizzati con doghe di ottone legate tra loro da un filo sottile per formare un setaccio e possono essere identificate dal delicato motivo a coste. Per ottenere la filigrana, elemento importantissimo per gli storici, si formava il disegno con un filo sottile allacciato nello stampo. La carta nei punti dove tocca questo filo è più sottile e l’impronta fatta è riconoscibile quando tenuta in controluce. Le filigrane ci aiutano nella datazione di documenti storici e venivano applicate dai produttori di carta per indicare lotti, qualità o dimensioni. Diversi tipi di carte una volta erano proprio identificati dalle loro filigrane. I cartai potevano anche aggiungere i loro stessi segni, indicando il mulino in cui veniva fabbricata la carta.

 

Il nostro moderno consumo di carta ci fa dimenticare che la carta era un tempo il prodotto di un duro lavoro. Solo procurarsi la materia prima era una sfida: fino alla metà del XIX secolo, la carta era fatta di stracci, vale a dire vecchi vestiti e pezzi di stoffa, ma anche corde e nastri. Una cartiera lavorava circa 40 kg di questo materiale al giorno per cui la domanda di vecchi vestiti crebbe drammaticamente nel tempo a causa del crescente consumo di carta da parte dell’industria della stampa e degli organi amministrativi, e anche nella vita di tutti i giorni, riflettendo l’aumento dell’alfabetizzazione.

 

I collezionisti di stracci rastrellavano le strade alla ricerca di materiale: qualsiasi cosa era accettabile per ottenere gli stracci necessari, anche a costo di estrarli dai cumuli di immondizia.

 

Una volta arrivati nella cartiera questi stracci venivano portati in una cantina dove due a tre donne, pagate di giorno in giorno, li ordinavano, dividevano le cuciture, toglievano i bottoni e tagliavano il tessuto a pezzi. Successivamente gli stracci venivano lasciati in grandi cumuli bagnati in cantina così che dopo circa otto-dieci settimane le pile erano coperte da funghi e muffe che li rendeva abbastanza friabili per gli stampatori.

 

Venivano battuti con martelli pesanti per un massimo di 24 ore, per produrre una sospensione fibrosa in cui non si distingueva più tra pezzi di tessuto e frammenti di filato. Dal XVII ° secolo gli stracci venivano in un primo tempo solo pestati (la cosiddetta ‘mezza pasta’) prima di passare per una macchina chiamata “Hollander” per essere miscelati. Questa macchina per strappare gli stracci, introdotta nei Paesi Bassi nel XVII secolo, produceva un materiale nettamente più fine di quanto non lo fosse con la battitura e in un tempo notevolmente inferiore. Nonostante questi ovvi vantaggi, la sua introduzione incontrò resistenza da parte delle corporazioni artigianali poiché era considerata incompatibile con le vecchie usanze di lavoro artigiano.

 

La soluzione finita di fibre, fortemente diluita, ora entrava nella vasca, cioè nella vasca di legno in cui sarebbe stato poi immerso lo stampo. Lì lavoravano due operai qualificati: uno di loro prendeva lo stampo e formava un foglio di carta, quindi lo metteva da parte lo stampo per lasciarlo sgocciolare e iniziava con un secondo. Nel frattempo l’altro operaio prendeva lo stampo e premeva la carta sul feltro e poi restituiva lo stampo al primo operaio e prendeva il foglio successivo. Quando una pila di fogli era completa e divisa tra i feltri, l’acqua era fuoriuscita entrava in gioco un terzo operaio il cui compito era di separare la carta dai feltri e di stenderla pronta per l’asciugatura. Tutta la squadra aveva uno o due assistenti o apprendisti al proprio fianco.

 

 

 

 

Lavoravano duramente dalle 12 alle 14 ore al giorno per raggiungere la quota giornaliera di 3500 fogli – e alla fine del 18 ° secolo la quota da raggiungere giornalmente era di 5000 fogli. Lavorare permanentemente in acqua aveva un effetto spiacevole sulle loro mani, che spesso si sono seccate così tanto diventavano screpolate a tal punto che pezzi di pelle si staccavano. A volte perdevano anche le unghie.

 

Dopo che i fogli si erano asciugati nel sottotetto arrivava il momento della collatura e del taglio a misura. La collatura era necessaria soprattutto per la carta da lettere, per evitare che l’inchiostro scritto colasse. Rifiuti animali contenenti gelatina venivano fatti bollire e nella gelatina ricavata la carta veniva immersa prima di essere nuovamente pressata e appesa ad asciugare. In seguito, i fogli dovevano passare alcune settimane nella pressa per asciugarsi e diventare lisci. Dopodiché potevano essere contati e imballati per la spedizione.

 

 

L’invenzione della macchina per la carta

 

La fabbricazione della carta subì un cambiamento epocale all’inizio del XIX secolo. Sulla scia della Rivoluzione Francese, i lavoratori erano scesi in strada più volte per combattere per i loro diritti. Questo aveva interessato anche Nicolas-Louis Robert, direttore della fabbrica di carta Essonnes a sud di Parigi, che non era stato in grado di disinnescare la situazione e di porre fine agli scioperi ripetuti dei suoi trecento dipendenti. Così nel 1794 iniziò a sviluppare una macchina che gli avrebbe permesso di sostituire gli operai specializzati in sciopero con normali operai non qualificati. Alla fine brevettò la sua macchina nel 1799 e la vendette al suo datore di lavoro. Ma dal momento che non riuscì a rendere la carta da stampa priva di difetti, Robert la modificò per realizzare la carta da parati.

 

Nel frattempo Napoleone aveva posto fine alla Rivoluzione Francese e aveva gettato tutta l’Europa in uno stato di paura e terrore. Nel 1802, dopo che fu concordato un cessate il fuoco con l’Inghilterra, John Gamble andò in missione diplomatica a Parigi per negoziare uno scambio di prigionieri con la Francia. Gamble seppe sfruttare l’opportunità per acquisire i piani per la macchina per la carta di Robert e fece domanda per un brevetto a suo nome in Inghilterra. Lui e Bryan Donkin svilupparono successivamente una macchina migliorata, che entrò in funzione nella fabbrica di carta Fourdinier a Frogmore (Hertfordshire) nel 1804 e in Two Waters nel 1805. Questa macchina per fabbricare la carta modificata produceva la stessa quantità di carta di sei operai con un quarto dei costi di produzione. L’integrazione di un cilindro di asciugatura riscaldato dal vapore rese le macchine per la carta efficienti dal 1821 in poi. La prima macchina per la fabbricazione della carta iniziò a funzionare in Germania nel 1830 e nel 1836 la fabbrica di carta di Zurigo divenne la prima ad utilizzare la macchina in Svizzera. Intorno al 1838 c’erano più di 250 macchine per fabbricare la carta in Inghilterra, 120 in Francia, 15 in Germania e 15 in Svizzera.

 

 

Il consumo di carta è aumentato a un ritmo mozzafiato con l’introduzione della carta prodotta a livello industriale. Ma non esisteva ancora alcun sostituto per gli stracci come materia prima. La febbrile ricerca di un’alternativa continuò fino a quando nel 1843 Friederich Gottlob Keller trovò finalmente una soluzione economica con l’invenzione della carta realizzata con pasta di legno. Il legno divenne così la più importante fonte di fibre nella produzione della carta moderna.

 

Con l’uso della polpa di legno macinato, circa il 90% del legno viene lavorato in carta. Ma solo il 50% del legno è costituito da cellulosa, il resto è composto da resine, nonché sostanze di supporto e strutturali (emicellulosa e lignina). Questi sono fattori chiave nell’ingiallimento della carta e nel rilascio di acidi che ne causano la decomposizione. Solo nel 1872 divenne possibile separare la cellulosa dagli altri componenti del legno facendola bollire in acido sotto pressione. Da allora, la carta può essere descritta come priva di legno se le fibre sono state ottenute dal legno ma gli altri componenti del legno sono stati rimossi.

 

La sostanza chimica impiegata nella produzione della carta moderna riduce notevolmente la durata della carta stessa. A differenza della vecchia carta stracci fatta a mano, che generalmente resiste all’invecchiamento per secoli, la carta industriale sviluppa crepe e pieghe molto più velocemente ed è più probabile che ingiallisca. Questo è particolarmente vero per la carta prodotta tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo contenente legno non privo delle resine.

 

 

L’industria cartaria ora produce macchine sempre più grandi e veloci. Le larghezze di produzione superano i 10 m e le velocità possono superare i 120 km/h 2000 m min): la produzione di una singola macchina per carta viene misurata in centinaia di migliaia di tonnellate.

 

Le fibre di legno come materia prima per la moderna produzione di carta provengono sempre più da carta rigenerata: questo è il caso di circa il 60% della fibra utilizzata oggi. Quindi il commercio legato alla carta sta diventando un cerchio sempre più chiuso. Una fibra può essere riciclata fino a sei volte prima che diventi decisamente troppo piccola per un ulteriore utilizzo. Questo è il motivo per cui anche la carta da giornale ha dovuto includere circa il 10% di fibre fresche e spesso anche queste fibre non provengono più direttamente dagli alberi ma dai rifiuti della segheria. Una maggiore attenzione verso l’ambiente sta iniziando a farsi largo anche in questo campo.

 

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